Ricordo perfettamente dove mi trovavo il 23 maggio 1992.
Ricordo il silenzio.
Incredulità.
Sgomento.
Ricordo il silenzio.
Incredulità.
Sgomento.

Ricordo che il cuore si strinse in un'emozione indicibile.
La stessa che mi coglie ogni volta che il pensiero torna a quella gelida estate.

A bordo cè Giovanni Falcone con sua moglie Francesca Morvillo.
E sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano.
E la sua scorta.
Una squadra affiatatissima che aveva il compito di sorvegliare Falcone dopo il fallito attentato del 1989 davanti alla villa del magistrato sul litorale dellAddaura.

Il direttore generale degli Affari Penali del ministero di Grazia e Giustizia che sta per essere nominato direttore della superprocura antimafia va verso Palermo.
Tutto sembra tranquillo, ma così non è.
Qualcuno sa che Falcone è appena sbarcato in Sicilia.
Chi sa che Falcone è partito?
Chi sa a che ora sarebbe atterrato?
Chi lo segue?
E da quando?
Chi sa a che ora sarebbe atterrato?
Chi lo segue?
E da quando?

La Croma marrone è davanti.
La guida Vito Schifani, accanto c'è Antonio Montanaro e dietro cè Rocco Di Cillo.
Corre la Croma marrone, corre seguita da altre due Croma, quella bianca del giudice e quella azzurra.
Sulla prima c'è il giudice che guida con accanto Francesca Morvillo, sua moglie, anche lei magistrato.
Dietro l'autista giudiziario Giuseppe Costanza, dal 1984 con Falcone, che era solito guidare soltanto quando viaggiava insieme alla moglie.

Un minuto, due minuti, tre minuti la campagna siciliana quattro minuti cinque minuti l'autostrada, l'aeroporto che si allontana.
Ore 17:59 autostrada Trapani Palermo, uscita per Capaci,
Ore 17:59 investita dall'esplosione la Croma marrone non cè più.
La Croma bianca è seriamente danneggiata e si salverà Giuseppe Costanza che sedeva sui sedili posteriori.
La terza, quella azzurra, è un ammasso di ferri vecchi, ma dentro i tre agenti sono vivi, feriti ma vivi.

Chi sapeva che Falcone in quel momento sarebbe stato li?
Le stesse persone che sapevano che pochi giorni dopo, il 19 luglio, Paolo Borsellino, avrebbe suonato al citofono di sua madre?
Fu Buscetta a dirglielo: "L'avverto signor giudice. Dopo quest'interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vità sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai. E sempre del parere di interrogarmi?"

Definizione perfetta della morte.
Morte della coscienza e dell'anima, prima ancora che del corpo.
Capaci e Via D'Amelio sono oltraggio.
Morte della verità, della libertà, della dignità, della giustizia.
Grazie a Giovanni, a Paolo e a tutti quelli che hanno seminato a bellezza il loro campo prima di noi e che ci hanno mostrato come si fa.

E il nostro futuro.
Testo e audio di Leo Nodari (Società Civile)
Il montaggio video è stato realizzato da Vincenzo Cicconi della PacotVideo
(La pagina fans su Facebook)
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