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lunedì 15 luglio 2013

Le singolari storie della Santa Patrona di Cesacastina

Un grazie dal profondo del cuore al caro Alessandro de Ruvo per le sue ineguagliabili foto dei paraggi dove gustiamo fra l'altro le Cento Fonti e a Concetta Zilli per le storie di montagna che mi racconta, affascinandomi! 

 
“Anche se parlo la lingua degli uomini e degli angeli e ho una fede da spostar le montagne, se non avrò Amore sarò nulla.” (San Paolo)


Arrivando a Cesacastina dalla località Colle, andando verso la montagna, s’incontrano i ruderi della chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena, una delle sette sorelle come usavano chiamarle gli anziani.

Le chiese, si credeva parlassero tra loro, comunicando con gli sguardi delle Madonne: quella di Cesacastina vedeva il tempio della madonna della Tibia di Crognaleto che, a sua volta, scorgeva la chiesa di Aielli e così via di seguito, toccando sette paesi vicini.


Purtroppo questa costruzione sacra quasi non esiste più.
 È crollato il tetto ma il perimetro è rimasto e si vede anche la finestra.

La storia è singolare ed intrigante: non inquadrabile in nessun periodo, la sua origine pare collegata ad un monastero che gli anziani raccontano si trovasse a metà montagna.

Il pastore Elia, oggi ancora vivente, crede di sapere dove siano i pochi ruderi.
Pare che all’interno del luogo sacro, vi fossero dei frati alchimisti, bravissimi a curare le più svariate malattie.
Fuori dal monastero doveva esserci un lebbrosario dove si curavano i crociati di ritorno dalla terra santa che poi venne chiuso intorno al 1500.

È ormai sicuro che in cima a queste montagne, oggi dimenticate o quasi, passasse la strada romana consiliare, che collegava l’allora capitale del mondo, alla terra degli infedeli musulmani.
Più a valle, accanto al fiume Vomano, c’era anche una piccola “via della seta”, calpestata nel corso dei secoli da mercanti, pellegrini, soldati, artisti e contadini.

Queste arterie di ampia comunicazione facevano viaggiare la geometria, l’astronomia, la conoscenza.
Sulla groppa di cavalli carichi di mercanzia viaggiavano anche le idee di civiltà in civiltà, di paese in paese.

Tornando ai frati, si racconta avessero in custodia la statua lignea di Maria Maddalena, santa più che chiacchierata all’interno del mondo cattolico.

I poveri religiosi morirono tutti insieme per colpa di una vipera, introdottasi nella damigiana del vino.
Immaginate un po’!

Tutti i frati avvelenati insieme da un povero serpente, affogato nel liquido.
Certamente non credibile, che dite?

La presenza ingombrante di una santa controversa, il passaggio per la Terra Santa, il presunto avvelenamento collettivo dei fraticelli, le sette sorelle, l’olmo secolare, tesori e ricchezze sepolti nei dintorni, hanno più volte indotto gli studiosi a credere alla presenza inquietante dei templari.

Non sarà che il Santo Gral, la misteriosa reliquia e’ tra i nostri monti?
Si spiegherebbe anche così la grande presenza di chiese in tutti questi paesini sperduti, sede strategica e luoghi di ristoro morale e spirituale per le truppe partecipanti alle prime Crociate, quelle promosse da Papa Urbano II di Cluny.
Già, le crociate!

Furono sì una coraggiosa difesa dei fratelli di fede, minacciati dall’espansionismo islamico, una sorta di pellegrinaggio armato, ma ebbero risvolti così cruenti, da perdere presto ogni significato religioso.
Un flusso incontenibile di penitenti, lento e maestoso, che si diresse verso Gerusalemme tra due ali di lance brandite da coloro che San Bernardo da Chiaravalle definì “Cavalieri di Dio”.

Qualcuno, molti anni fa pare abbia ritrovato un medaglione con impressa la croce ad otto punte, la Stella Mattutina tanto cara ai Templari che veniva stretta in mano durante le preghiere.
Sarà vero, sarà falso?

Credo che se riuscissimo a fare un passaparola potrebbe verosimilmente, accadere quello che si è registrato in Basilicata dove questa notizia tarocco ha incrementato in maniera esponenziale il turismo dei curiosi e dei credenti.

Tornando al monastero di Cesacastina, si racconta che dopo la morte dei frati, a distanza di tanti anni, fu ritrovata la statua lignea della Maddalena e si decise di portarla al paese, nella chiesa della Villa.

L’effige, misteriosamente spariva ogni volta dal tempio, per essere poi ritrovata all’interno del vecchio convento tra le balze rocciose.
Si costruì questa nuovo luogo sacro, più vicino alla montagna, con la finestra aperta proprio verso il vecchio monastero in modo tale che la statua potesse vederlo: da allora la leggenda racconta che la Maria Maddalena in legno è rimasta ancorata al suo posto!

L’Abruzzo è una regione dove ancora sopravvivono superstizioni, pratiche magiche, culto di reliquie, riti di stregoni e fattucchiere, cerimoniali e preghiere contro spiriti maligni.
C’è un racconto che mi ha impressionato.
Sotto le grondaie del tetto della chiesa, si seppellivano i bambini nati morti.
I piccoli sventurati non erano degni del cimitero perché non battezzati.

La pioggia che scendeva dalle tegole, avrebbe lavato il loro peccato originale.
Lì sotto e’ pieno di corpicini, tanti erano i decessi neonatali.

Proprio vicino al tempio, c’è l’acqua di Santa Maria Maddalena: un rivoletto fatto davvero di poche gocce che sgorga non si capisce bene da dove, e sia d’inverno che d’estate, è sempre ai minimi termini.

È consuetudine il 22 luglio, giorno dedicato alla Santa patrona di Cesacastina, andare a prendere e bere quest’acqua benedetta.

(Tratto da Il mio Ararat, Cassandra Edizioni)
Articolo di Sergio Scacchia per "Paesaggio Teramano"

domenica 14 luglio 2013

La pietra, regina del borgo di Frattoli

“Agli occhi dell’uomo tutte le sue vie sono rette, ma chi pesa i cuori è solo il Signore”. (Proverbi 21,2).


Intorno a Crognaleto, con la sua frazione principale, Nerito, insiste una miriade di minuscoli paesi, anche se i boschi stanno mangiando i rustici abbandonati e i sentieri antichi, inghiottendo parte dei segni della vita degli uomini.

Fra questi borghi c’è Frattoli a 1115 metri sul livello del mare, che conserva, oggi, più di una chiesa antica con stupendi altari lignei e con mura, dove sono ancora visibili delle belle iscrizioni del 1400, 1500, impresse anche su stipiti e portali.

Trovo stupenda San Giovanni Battista in stile gotico con il suo inaspettato portico seicentesco delle “logge”.
Il paese dipendeva da Amatrice, poi nel XVII secolo, entrò a far parte del Ducato di Atri della potente famiglia degli Acquaviva che, da queste parti trascorrevano giorni di vacanza.

Il borgo, dal quale si gode il panorama forse più bello del comprensorio, è stato a lungo un centro artigianale conosciuto nell’intaglio del legno e nella lavorazione della pietra.

Fu proprio a Frattoli che abili artigiani realizzarono la splendida statua della Madonna delle Grazie, venerata nel santuario francescano di Teramo, dove approdò alla fine di un grande pellegrinaggio attraverso Piano Roseto, Macchia Vomano e giù verso Montorio.

La Vergine, vestita di drappi pregiati come si conviene ad una regina, pare che, in groppa ad un mulo, se la vide brutta alle porte del capoluogo. La bestia affaticata, inciampò e rotolò pesantemente sul greto del fiume Tordino, proprio sotto la strada.
Urla disperate dei fedeli che credevano di trovare la statua in mille pezzi.

Ma la Madonna delle Grazie rimase illesa e si gridò al miracolo.

L’opera, che di certo conoscete bene, è fantastica!
La bellezza del volto espressivo, il capo reclinato verso il Bambino, le mani affusolate, danno l’idea della bravura degli artigiani montanari.

Ancora oggi Serafino Zilli, l’ultimo di una famiglia di scalpellini d’epoca, fa risuonare le vecchie contrade del battito del suo martello.
Gran parte delle chiese nella Laga teramana e molte antiche abitazioni sono state abbellite dall’estro e dall’arte di questi uomini dediti all’arenaria, azzurra all’origine, beige corrosa dalle intemperie e dal trascorrere del tempo.

Inventarsi la vita in queste valli profonde non è stata cosa facile sia per l’asprezza dei luoghi, che per gli inverni lunghi.

La storia da queste parti non è altro che il racconto a volte difficile da credersi, dei sacrifici e della tenacia con cui la gente ha vinto le difficoltà di un mondo avaro di risorse.

Il lavoro artigianale dei tanti uomini come gli Zilli, si confonde ad ogni passo con la storia umana e civile dei primi insediamenti, dello sfruttamento dei boschi e dell’arte di lavorare pietra e legno servendosi dell’ingegno dei valligiani.

I fratelli, giunti fin qui da Campotosto, diedero i natali anche a Amedeo che, padre di dodici figli quasi tutti maschi, ripopolò Frattoli di muratori e scalpellini.

Alto e grande di aspetto, sorta di armadio umano, incuteva timore a prima vista, ma era di una bontà infinita.

Ha lasciato varie testimonianze della sua abilità artistica, dalla torretta della chiesa di Padula, ai finestroni di Cesacastina o gli altari a Frattoli.
La pietra, vera regina di questi luoghi si riconosce ancora oggi tra gli scempi delle costruzioni moderne.

Si capisce la squadratura dei blocchi fatta a mano per stipiti di porte e finestre, s’intuisce facilmente che queste mura non temono nessun terremoto. In molti paesi, riattati i rustici e le antiche case, le vecchie comunità si ritrovano nelle brevi stagioni estive.

Cresciuto il benessere economico, è nato un nuovo atteggiamento nei confronti dell’ambiente.

I secolari sentieri tra boschi e costoni impervi, i valichi un tempo importanti vie di comunicazione, i percorsi lungo i torrenti tra spume e cascatelle, sono tornati ad animarsi non più attraversati da boscaioli e pastori, ma da camminatori che vogliono riscoprire la cultura montana.

Sono molti i paesi che meritano attenzione magari visitandoli a piedi : Cervaro con la bella chiesa di S.Andrea, Altovia e Aiello, con il tempio cinquecentesco dei santi Silvestro e Rocco e Tottea, villaggio costruito su di un enorme masso di arenaria dove si trova un Ecomuseo e un Centro di documentazione del Parco.

(Da Il mio Ararat, Cassandra Edizioni) 
Articolo di Sergio Scacchia per "Paesaggio Teramano"

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Riprese di Vincenzo Cicconi della Pacotvideo.
Il video ha una durata di circa 21 minuti ed è stato pubblicato su tre canali di video sharing gestiti dalla PacotVideo:
(YouTube - DailyMotion di Virgilio - Vimeo).

E' stato pubblicato su tre blog anch'essi gestiti da Vincenzo Cicconi della Pacotvideo:

- blog della Città di Teramo
- blog della PacotVideo
- blog di Pensieri Teramani

E' stato pubblicato sulle pagine Facebook:
1 - Produzione Video a Teramo (Abruzzo) - PacotVideo.it di Cicconi Vincenzo
2 - Il blog della città di Teramo e della sua Provincia
e sulle pagine di Google Plus
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - La Città di Teramo e la sua Provincia

Infine la pubblicazione del video è stato comunicato attraverso Twitter
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - Città di Teramo

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sabato 13 luglio 2013

Tutti alla Madonna della Tibia a Crognaleto il 9 agosto!

Torno a parlarvi della piccola chiesina della Madonna della Tibia a Crognaleto perchè il 9 agosto prossimo si svolgerà in questo luogo bellissimo, una Fiaccolata Mariana che dal paese arriverà fin sulla chiesina.
Sarà un momento di preghiera meraviglioso come accade da anni.
Siete tutti invitati!
In collaborazione con la Pacot Video di Enzo Cicconi, è stato realizzato il dvd che potete vedere a completamento dell'articolo che è tratto dal libro "Il mio Ararat".


L’ascetismo, questa sorta di monachesimo che prevedeva vita eremitica e contemplativa in luoghi improbabili, si sviluppò nel nostro territorio per la presenza di anfratti e ricoveri naturali un po’ovunque.
Volete sapere cosa penso?

Gli eremiti erano uomini in preda ad un amore infinito.
Avevano così tanto da dare e il mondo così poco da chiedere, che si videro costretti a riparare verso rifugi isolati.

L’amore grande, simile a quello che Gesù pensava per ognuno di noi, era così ingestibile, da trasfigurarli.

Sono uomini che hanno vissuto, come afferma Paulo Coelho, grande scrittore brasiliano, unicamente per essere consumati dal loro amore.

Ogni volta che scocca il mezzodì e mi fermo a pregare l’”Angelus”, Massimo mi guarda attonito.

Sono anni che recito l’Ave Maria al mattino, a mezzogiorno, appunto e alla sera.
Qualche volta sono costretto ad abdicare a questo intimo momento a causa del mio lavoro ad uno sportello informazioni dell'Agenzia delle Entrate.
Il ricordo dell’angelo annunziatore, scandisce i tre punti centrali della mia giornata, una sorta di “breviario” popolare che aiuta a santificare il tempo.

La costruzione in pietra della chiesa sorge a oltre mille e cento metri di altezza ai piedi di un’immane bastionata di arenaria, balcone privilegiato su oltre la metà del Parco.

La ricostruzione ultima è del 1617, un bellissimo esempio di architettura ecclesiastica che nel basso Medioevo prediligeva luoghi impervi, isolati, magari su speroni di roccia.
Edificata da un certo Bernardo Paolini dopo aver ricevuto una grazia, è stata restaurata da pochi anni.

Si raggiunge in qualche minuto di cammino sopra l’abitato, su di un percorso ricavato dal taglio della pietra arenaria che sembra un corridoio tortuoso all’interno della roccia stessa.

È proprio a strapiombo come nido di rapaci.

Tutt’intorno, il panorama è splendido, anche se oggi s’intuisce tra le nuvole stagnanti che paiono levarsi direttamente dal bosco intorno al Piano Roseto, parcheggiate alla rinfusa sopra la valle.

In questo luogo sono documentate processioni infinite di pellegrini oranti che, in abiti medioevali, mantelli lisi, bardati di cappelli a larghe tese, con il loro saldo bastone su cui appoggiarsi nella fatica, i poveri fardelli e l’immancabile conchiglia per bere acqua, procedevano nella buona come nella cattiva stagione.

Affermavano così la loro presenza discreta e silenziosa.
Oggi tra questi lastroni accostati, non c’è nessuno.

Alla Madonna della “Tibbia”, la devozione popolare ha attribuito tanti miracoli, soprattutto guarigioni da incidenti sul lavoro, protezione dalle calamità, addirittura guarigioni da malattie della fertilità.

Il costone boscoso dietro il piccolo tempio con l’antica casa dei pellegrini adiacente, ospita oltre a faggi, anche qualche antico carpino dalle piccole foglie simili a ritagli di cuoio.

Era in questa casupola che si ospitavano i viandanti.
Dentro c’era lo stretto necessario: un letto duro, lenzuola vecchie ma pulite, brocca d’acqua e bacinella per una minima igiene personale.
Servizi con acqua calda e pasti, neanche a parlarne.

In epoche antiche al posto di questa piccola casa, c’era una grotta dove si svolgevano riti per propiziare l’allattamento per i bambini.
Le donne partorienti si riunivano in preghiera tutte le sere.

Ricordo che il mio amico Giovanni Corrieri, critico d’arte e storico teramano, mi spiegò una volta che il toponimo “tibbia” non sta per la parte anatomica del piede che si è rotta, ma è una parola che riporta alle origini romane del luogo dove si trova la chiesa.

Da una finestrella buttiamo un’occhiata all’interno dove, con meraviglia, scopriamo un mucchio di funghi secchi, pronti per essere mangiati.
Eviteremo, domani, il sentiero segnato che inizia a destra della chiesa.

Corre ai piedi di una parete verticale, porta in quaranta minuti al crinale erboso della rocca Roseto, un tempo punto di controllo dei pascoli d’alta quota, da dove si raggiunge facilmente, attraverso belle faggete, la porta del Parco, Montorio al Vomano.
Noi vogliamo entrare rapidamente nel Gran Sasso.

Non so se provo fastidio perché Massimo continua a tirar corda e a far suonare le piccole campane o per l’insistente pioggerellina che scende giù, picchiettando inesorabile sui nostri cappucci di tela cerata.
 “Chi vuoi che senta suonare, non c’è anima viva!”.

L’ovale di Massimo che sbuca dalla cerata, rappresenta un viso tosto e determinato.
Mi rassicura, viste le condizioni impietose del tempo.
Lo zaino torna a segare le spalle.
Il botto del tuono mi fa trasalire.

Scegliamo di ripararci, visto che la chiesa e la casa del pellegrino sono sbarrate, sotto un masso sporgente, all’inizio del piccolo bosco.
Affondiamo fino alle caviglie nelle foglie dal margine seghettato, rese poltiglia dalla pioggia.
I polpacci sembrano legni modellati da mastro Geppetto.

Sulla corteccia grigia di un albero c’è il segnavia del percorso.
Poi decidiamo di riparare sotto il paese, proprio quando la furia del temporale va attenuandosi.
Il massimo della pioggia l’abbiamo già presa.

(Da Il mio Ararat edizioni La Cassandra)
Articolo di Sergio Scacchia per "Paesaggio Teramano"

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Riprese di Vincenzo Cicconi della Pacotvideo.
Il video ha una durata di circa 10 minuti ed è stato pubblicato su quattro canali di video sharing gestiti dalla PacotVideo:
(YouTube - DailyMotion di Virgilio - Vimeo - Blip.TV).

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