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martedì 31 dicembre 2013

Pacot Video: la vita delle immagini

"Le riprese video non necessitano di molte parole; esse stesse sono parole del vissuto"

Ecco la storia di un teramano, ragioniere in una tranquilla azienda manifatturiera.
Rincorreva un sogno: regalare momenti indimenticabili.

Un mattino del 1992, abbandonò aridi registri, calcolatrice e penna e brandì una telecamera, fluttuando tra matrimoni, comunioni, compleanni, recite scolastiche.

Nasceva la “Pacot Video” , una delle prime ditte di post produzione in Abruzzo, capostipite nel teramano.

Un’autentica fabbrica dei ricordi con filmati sempre originali, capaci di raccontare in modo brioso la storia unica di ogni evento da immortalare.

Perché, ditemi, cos’è l’atto creativo, se non un qualcosa che solo in quel momento ci avvicina a Dio?
Un nanosecondo irripetibile in cui l’arte si fonde con la passione e la perizia.

Forse esageriamo parlando di video.
Ma, in effetti, nelle occasioni che meritano di essere ricordate nel tempo attraverso immagini, ciò che conta è riuscire a beccare il momento che farà emozionare lo spettatore.

Nel tempo la storia si è arricchita di video istituzionali per enti, pubblicitari per aziende, docu- film storici sulla Resistenza teramana con un “riconoscimento alla carriera” nel Premio Internazionale Fotografia Cinematografica “Gianni Di Venanzo”.

Ancora, video sociali, culturali, filmati su convegni e manifestazioni di grande livello, collaborazioni con la tv locale Rete 8 e con il Parco Gran Sasso Monti della Laga.

Poi, nel dicembre 2009, la Pacot Video sale agli onori della cronaca nazionale per la realizzazione di uno scoop giornalistico conosciuto come "Il Fuori onda di Giancarlo Fini" con il magistrato Trifuoggi, che mise a rischio la tenuta del governo e che fece conoscere cosa veramente pensava il Presidente della Camera dell’allora capo del Governo Berlusconi.

Nel frattempo si è specializzata in lavori internet, diventando gestore e webmaster di siti e blog.

Noi ospitiamo Vincenzo soprattutto per la passione dimostrata al territorio, regalando video su borghi d’arte teramani, tra i quali Campli, Atri, Canzano, Castellalto, luoghi magici come Pietracamela e il Gran Sasso e la città di Teramo.



Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

L'articolo è stato pubblicato su N°2 blog
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sabato 7 dicembre 2013

Premio Borsellino 2013 a Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia


Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia, napoletano, in magistratura dal 1975, è una delle toghe più apprezzate in Italia.
Una vita trascorsa a combattere le cosche camorristiche e la criminalità economica e politica attraverso il lavoro duro negli scomodi Palazzi di Giustizia.
Con uno straordinario sacrificio personale, pagando un prezzo altissimo per il suo impegno in difesa e per la promozione dei valori della legalità.

Il suo è anche il nostro concetto di legalità.
Una legalità vera, quella che sta dentro il nome di Paolo Borsellino: non il vuoto legalismo dei benpensanti, il securitarismo che aggredisce i lavavetri, ma è connivente con l’illegalità diffusa della politica, chiude gli occhi davanti alle truffe dei potenti e rimane silente e dunque complice davanti ai furti di Stato.

Per aver resistito alle giuste e umane paure e, con la tenacia sua e dei suoi collaboratori, contribuito ogni giorno concretamente alla costruzione di una società più giusta necessariamente fondata sulla legalità e sulla fiducia nelle istituzioni, ispirandosi agli stessi principi e agli stessi valori che hanno animato la vita di Paolo Borsellino, a Franco Roberti il Premio Nazionale Paolo Borsellino 2013.

Premio Borsellino 2013 per la legalità a Padre Maurizio Patriciello, Parroco di Caivano (NA)


Padre Maurizio Patriciello, Parroco di Caivano (NA) lavora con coraggio nella terra dei fuochi, nei territori in cui la giustizia è pesantemente minacciata dalla camorra.
Come don Giuseppe Diana la sua è una vita spesa per la giustizia nella convinzione che gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili.

Don Maurizio è un parroco che interpreta il messaggio di Cristo ponendo prioritariamente nel suo impegno la mobilitazione della chiesa al centro del suo impegno contro la camorra e contro le organizzazioni criminali.
Con il suo impegno concreto nella società, con la forza delle idee per portare sempre avanti in suo impegno di giustizia, a qualsiasi costo, per costruire un futuro migliore.
Per tutti.

I suoi successi operativi ed il suo impegno danno concretezza alle speranze di legalità, di sviluppo e di convivenza degli uomini onesti che guardano alle istituzioni con fiducia.
A Padre Maurizio Patriciello il Premio Borsellino 2013 per la legalità.

Premio Borsellino 2013 per la legalità a Ciro Corona, Associazione (R)Esistenza di Scampia


Ciro Corona, presidente della associazione Resistenza e Esistenza di Scampia ascoltando il bisogno della sua collettività che chiede sicurezza, diritti e sente il bisogno di una società fondata sui più alti valori a partire dalla giustizia, svolge da tempo un importante ruolo di promozione, prevenzione, sensibilizzazione della realtà napoletana e in modo particolare dei giovani.

Questo riconoscimento va a sottolineare l'instancabile attività di un rappresentante dell’associazionismo che resiste alla camorra, che da tempo e senza posa porta avanti un grande lavoro per l'affermazione della legalità.

Per il grande impegno profuso nella promozione dei valori della legalità.
Per aver resistito alla prepotenza della camorra che crede di poter travolgere tutto e tutti pur avendo conosciuto la crudeltà della violenza mafiosa sempre su postazioni di prima linea pur consapevole dei grandi rischi.

A Ciro Corona il Premio Borsellino 2013 per la legalità.

Premio Borsellino 2013 per la cultura a Salvo Palazzolo, Giornalista de “La Repubblica” e scrittore

"Io non cerco vendetta, voglio sapere perché è morto il mio Paolo. Non importa quanto ci vorrà, fosse anche un'eternità. Io, di certo, non vivrò abbastanza per conoscere la verità. Non importa. E' importante, invece, che i cittadini italiani sappiano la verità. Tutti dovrebbero pretenderla a gran voce".

Salvo Palazzolo vince il Premio Borsellino, lui che è una punta di diamante del giornalismo antimafia, per il libro bello, toccante e commovente "Ti racconterò tutte le storie che potrò", che ha scritto con Agnese Piraino Borsellino, vedova di Paolo Borsellino.
Un libro in cui Agnese ripercorre i momenti di tenerezza accanto al marito Paolo, ucciso nella strage di via d’Amelio, ma anche i momenti del dolore.

Un libro che testimonia ancora una volta che, per capire e combattere il fenomeno della criminalità organizzata, occorre anzitutto rendere conscia la sensibilità collettiva del suo radicamento, della moltitudine delle forme con le quali si manifesta e si insinua nelle realtà locali, grazie alle quali riesce ad assumere la portata nazionale.

A Salvo Palazzolo e alla memoria di Agnese Piraino Borsellino, per una nazione più giusta, più libera, più civile, più bella, il Premio Borsellino 2013 per la cultura.

Premio Borsellino 2013 per la cultura a Giulio Cavalli, Attore


Giulio Cavalli, con il suo teatro di inchiesta scuote le coscienze.
Di certo scuote gli animi in certi ambienti criminali, tanto che dopo la rappresentazione di “Do ut Des”, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi, vive sotto scorta.

Il premio ad un attore e regista, giullare e artista dello sberleffo perché come dimostra Giulio Cavalli la mafia si colpisce e si batte in mille modi.

Riceve il premio per il suo impegno nel campo artistico e culturale che è stato già stato assegnato tra li altri a Giorgio Gaber, Enzo Iannacci, Fabrizio De Andrè, Dario Fo, Franca Rame, Francesca Comencini, Marco Bellocchio, Mario Monicelli, Moni Ovadia, Ascanio Celestini, Giorgio Tirabassi, Angelo Branduardi.

Oggi a Giulio Cavalli e idealmente a quanti hanno il merito di mettere in comunicazione il genio, l’inventiva umana, con il necessario sguardo sul mondo, che spesso invece rimane, per gli artisti come per i politici, una distratta incombenza.
A Giulio Cavalli il Premio Borsellino 2013 per la cultura.

Premio Borsellino 2013 per il giornalismo a Giovanni Tìzian, Giornalista de “L’Espresso”


Giovanni Tizian, giornalista e autore dei libri inchiesta “Gotika” e “La nostra guerra non è mai finita“.
Ha solo trent'anni e a sette anni la ‘ndrangheta gli ha ucciso il padre Peppe.
Oggi è sotto scorta per quello che scrive.

Giovanni Tizian, giornalista calabrese trapiantato a Modena scrive sull'Espresso e parla di mafie al nord.
Come il nostro amico Giuseppe D’Avanzo, come lui giornalista de la Repubblica, che vogliamo ricordare premiandolo, crede che una informazione non asservita, una informazione di leale servizio alla collettività sia nell'etica del giornalismo, e prima ancora del giornalista.

Crede nell'importanza di una analisi puntuale, approfondita sulle mafie, la corruzione, le tante forme d’illegalità, sapendo bene che non dovrebbe esserci bisogno di mettere accanto alla parola “informazione” l’aggettivo “libera”.

Per i suoi libri e i suoi articoli di denuncia da cui traspare uno straordinario impegno civile, un desiderio di giustizia sociale che si traduce in una coraggiosa e continua sfida al degrado sociale, a Giovanni Tizian, il Premio Borsellino 2013 per il giornalismo.

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Premio Borsellino 2013 per il giornalismo a Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, giornalisti de “Il Fatto Quotidiano”


Sandra Rizza è giornalista, scrittrice di numerosi libri che rendono un tributo ad un genere oggi fuori moda, quello dell’inchiesta che interroga senza reverenze i risvolti nascosti della realtà e i suoi protagonisti, spesso rischiando molto.

Non accetta le parole troppo spesso imbrigliate, le penne opportunamente spuntate, le cronache monche o pilotate, rendendo davvero il giornalismo un servizio per la collettività.

La sua è una penna appassionata come è la vita di tutte le persone che s’impegnano per la giustizia.
Perché l’informazione o è libera o, semplicemente, non è informazione: è propaganda, demagogia.

Per il significativo contributo sui temi della legalità e della verità, per la sua passione e l’alto impegno professionale e civile.
Per aver dimostrato che è possibile un'informazione libera, critica e costruttiva.
In generale per la tenacia, la grinta, il rigore con cui prosegue le sue diverse strada, a Sandra Rizza il Premio Borsellino 2013 per il giornalismo.



Giuseppe Lo Bianco, giornalista la cui autorevolezza, unita all'impegno, ne fanno un modello positivo.
Giornalista che con i suoi articoli ha dimostrato di credere fino in fondo nella funzione sociale e civile di chi racconta e ragiona sui fatti.

Uno scrittore che con i suoi libri ci ha detto che solo una comunità consapevole, capace di raccontarsi con onestà, crea una democrazia sana, una democrazia viva.

Da giornalista vero - anche subendo per questo perquisizioni e intimidazioni - lui sa e denuncia che mai come in questi anni l’informazione corre il rischio di essere soffocata o asservita.

Lo Bianco ha una grande capacità, ormai rara nel panorama giornalistico italiano, quella di riannodare con perizia e pazienza la storia degli uomini, partendo dal particolare per raggiungere l’apice di alcune delle storie più controverse degli ultimi 20 anni: la trattativa infinita tra Stato e Mafia.

Lo Bianco è un giornalista senza paura, uno che fa i nomi, non si nasconde, nell'incedere del racconto crea curiosità nel lettore, l'invita a non credere alle verità di comodo dettate da media compiacenti, ma di entrare nel merito e nella profondità delle cose.

Nei libri “Il Gioco Grande”, “L’Agenda Rossa”, “Profondo Nero”, “L'Agenda Nera” ci ha regalato tante inchieste vere, di un militante che regala al giornalismo velinista una lezione di mestiere e onestà.

a Giuseppe Lo Bianco il Premio Borsellino 2013 per il giornalismo.

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Premio Borsellino 2013 per l’impegno civile a Luigi Cuomo, della Nuova Quarto Calcio


Coordinatore regionale per la Campania della “Rete per la legalità” e animatore degli sportelli antiracket e antiusura nelle zone a più alta concentrazione camorristica, Luigi Cuomo è anche l’uomo che, coinvolgendo già 900 soci, ha raccolto la sfida della Nuova Quarto Calcio per sostenere il progetto sportivo e sociale legato alla squadra flegrea.

Un’esperienza importante da difendere e da sviluppare perché intorno ad essa si ritrovano i principi fondamentali di civiltà, di legalità e di riscatto dopo anni di vassallaggio camorristico.

Luigi Cuomo racconta lo sport sottolineandone i valori positivi.
Ma è un uomo che ha saputo andare oltre l’ambito sportivo precisando con la sua testimonianza e la sua vita che fra legalità e illegalità non esiste il pareggio.
O si sta da una parte o dall’altra.

Per il suo impegno sociale nel divulgare i valori positivi dello sport; per il suo impegno civile e per la sua opera negli incontri, finalizzata a porre le basi di una cultura anticamorra che coinvolga tutti, partendo dai più giovani, nel nome di grandi valori come legalità, responsabilità individuale e senso del dovere, a Luigi Cuomo il Premio Borsellino 2013 per l’impegno civile.

Premio Borsellino 2013 per l’impegno civile a Salvatore Càlleri, della Fondazione Antonino Caponnetto


Salvatore Calleri, Presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, dal 1992 al 2002 è stato il collaboratore più stretto di Antonino Caponnetto.
Una scelta di vita spesa per la legalità interpretando in senso compiuto il magisterium, in un momento storico di profondo scollamento della società in cui diventa ancora più importante riscoprire il senso profondo di termini come “educazione alla legalità”.

Ci piace dire che Calleri è un uomo che organizza il coraggio.
Come dice nei suoi numerosi incontri nelle scuole "Quando istituzioni e società civile si assumono le proprie responsabilità lo Stato vince".

Pensando a lui ci piace ricordare una frase del giudice Livatino «Alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili».

In ricordo di Antonino Caponnetto e per l’impegno profuso da Càlleri per una Italia migliore,a Salvatore Calleri il Premio Borsellino 2013 per la legalità e l’impegno civile.


Premio Borsellino 2013 per l’impegno sociale a Luigina Di Liegro, della Fondazione “Di Liegro”


Luigina Di Liegro ha studiato alla Columbia University di New York e laureata nella Georgetown University di Washington, collaboratrice di importanti imprese e coordinatrice di importanti progetti, è stata assessore regionale del Lazio alle politiche del welfare ed ha organizzato con altri la conferenza internazionale di Genova sui diritti dell’infanzia.
E’ qui come volontaria.

Impegnata in diverse organizzazioni non lucrative di utilità sociale e in rappresentanza delle migliaia di volontari che ogni giorno nel nostro paese offrono la loro passione e il loro tempo su tutti i fronti dell’impegno sociale.
Ed è qui per rappresentare la “Fondazione Di Liegro” e ricordare il nostro indimenticabile amico don Luigi Di Liegro, morto nel 1997, il suo spirito indomito che lo portò ad essere il santo o l’eroe delle lotte per i diritti all’ex Pastificio Pantanella, a San Giovanni.

Luigina Di Liegro è una donna che si impegna per la promozione umana e contro la povertà, per i diritti degli immigrati, per dare supporto alle persone con disagio psichico, per il lavoro e contro l’emarginazione.
E’ una volontaria che si colloca con perfetta coerenza nel nostro progetto culturale educativo, perché nel suo intenso agire quotidiano, intreccia alla competenza i temi dei diritti civili e della giustizia sociale, dunque della legalità in un’incessante battaglia contro ogni forma di esclusione e di paura dell'estraneo, e dunque in una radicale difesa dell'umano.

Per il profondo e sentito impegno, rivolto al riscatto umano e sociale delle fasce più deboli a Luigina Di Liegro il Premio “Paolo Borsellino” 2013 per l’impegno sociale.

Premio Borsellino 2013 - Presentazione e Saluti delle autorità


Elenco dei premiati alla 18° edizione del Premio Borsellino 2013.
La cerimonia si è svolta a Roma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio.

Premio Borsellino 2013 per l’impegno sociale a Luigina Di Liegro, della Fondazione “Di Liegro”

Laureata in Analisi delle politiche pubbliche e relazioni internazionali alla Columbia University di New York è impegnata in attività di volontariato presso diverse organizzazioni non lucrative di utilità sociale e ha organizzato la Conferenza Children & the Mediterranean Culture, Health and Urban Setting per la Fondazione Gaslini.

Accanto all’attività lavorativa, si dedica da sempre alla partecipazione civica soprattutto nell’ambito del volontariato sociale e nel settore socio-sanitario.

E’ stata tra i fondatori della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro con sede a Roma e attualmente ne è presidente: la Fondazione è fortemente impegnata a sostenere le persone affette da disagio psichico e le loro famiglie, offrendo aiuto per superare situazioni di isolamento sociale e di solitudine affettiva.
Ha promosso la costituzione del Centro per l’Adozione Internazionale (CPAI) di Roma.
Ha sostenuto l’azione della Cooperativa Partire dagli ultimi in attività di servizi socio sanitari per l’accoglienza e l’inserimento delle persone che vivono nell’emarginazione e in condizioni di povertà.
E’ stata responsabile per la Caritas Diocesana di Roma (1985-1997) di progetti di raccolta fondi.

Premio Borsellino 2013 per l’impegno civile a Salvatore Càlleri,
della Fondazione Antonino Caponnetto

Presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, nata su idea della moglie Elisabetta Baldi che porta avanti un prezioso lavoro contro il crimine organizzato e per la promozione di una cultura della legalità soprattutto nelle scuole.

Dal 1992 fino al 6 dicembre 2002 è stato il più stretto collaboratore di Antonino Caponnetto.




Premio Borsellino 2013 per l’impegno civile a Luigi Cuomo,
della Nuova Quarto Calcio

Fino al febbraio del 2011 l’allora Quarto Calcio S.s.d. era uno dei tanti gingilli del clan Polverino, la potente organizzazione mafiosa della provincia di Napoli signori assoluti del traffico di droga.
E la locale squadra di calcio tornava utile per estendere il controllo criminale in ogni ambito della vita civile.

Non quindi soltanto un giocattolo nelle mani dei boss, ma un canale di pressione sull’amministrazione locale, un luogo per allacciare relazioni e favorire appalti, lo schermo per imporre alle imprese un pizzo mascherato da sponsorizzazione sportiva.
Poi il sequestro ottenuto dalla Procura antimafia.

Per la prima volta nel caso di una squadra di calcio, si è deciso di affidarne la guida ad un’associazione antiracket, in questo caso ad Sos Impresa.

Il procuratore antimafia Antonello Ardituro, dopo aver coordinato le indagini, si è buttato nell’avventura della squadra anticamorra, divenendone il presidente onorario.
Luigi Cuomo, presidente di Sos Impresa e invece il dirigente della Nuova Quarto Calcio che cerca di incardinare nell’esperienza calcistica, momenti di dibattito e sensibilizzazione».
Sono nate assemblee, iniziative pubbliche, momenti di confronto.

Premio Borsellino 2013 per il giornalismo a Sandra Rizza,
giornalista de “Il Fatto Quotidiano”

Per un decennio cronista giudiziaria all’Ansa di Palermo, ha imparato il mestiere di giornalista negli stanzoni de "L’Ora" di Palermo, negli anni caldi della guerra di mafia, passando presto alla cronaca nera e giudiziaria.

Ha collaborato con "Il manifesto" e con "La Stampa", ed è stata corrispondente dalla Sicilia del settimanale "Panorama" negli anni delle stragi 1992-93.

Oggi collabora con "MicroMega" e scrive su "Il Fatto Quotidiano".

Ha scritto "Rita Atria" e "Una ragazza contro la mafia".
Con Lo Bianco ha scritto "Rita Borsellino la sfida siciliana", "Il gioco grande", "Ipotesi su Provenzano", "L’agenda rossa di Paolo Borsellino", "Profondo nero" e "L’agenda nera".
Inoltre con Antonio Ingroia e Giuseppe Lo Bianco “Antonio Ingroia "Io so", e due ebook: "Il depistaggio" e "Petrolio e Sangue".

Premio Borsellino 2013 per il giornalismo a Giuseppe Lo Bianco,
giornalista de “Il Fatto Quotidiano”

Giuseppe Lo Bianco, cronista giudiziario da oltre venticinque anni a Palermo, ha lavorato al "Giornale di Sicilia2 e a "L’Ora" negli anni della guerra di mafia.
Oggi collabora con "Il Fatto Quotidiano" e con "MicroMega".

Ex corrispondente de “L’Espresso” dalla Sicilia, ha scritto con Franco Viviano "La strage degli eroi" e con Sandra Rizza "Rita Borsellino, la sfida siciliana", "Il gioco grande", "Ipotesi su Provenzano", "L’agenda rossa di Paolo Borsellino", "Profondo nero" e "L’agenda nera".

Inoltre con Antonio Ingroia e Sandra Rizza “Antonio Ingroia "Io so", e due ebook: "Il depistaggio" e "Petrolio e Sangue".

Premio Borsellino 2013 per il giornalismo a Giovanni Tìzian,
Giornalista de "L’Espresso"

Giornalista del gruppo l’Espresso, è della generazione nata nel 1982.
Scrive per il quotidiano la Repubblica, ma non ha abbandonato la Gazzetta di Modena, con cui nel 2012 ha vinto il premio per i giornalisti di provincia "Enzo Biagi".

Ha collaborato con il mensile "Narcomafie" e il portale Stop’ndrangheta.it.
Sempre nel 2012 gli sono state assegnate la menzione speciale al premio Biagio Agnes e la Colomba d’oro per la pace.

È autore del saggio inchiesta “Gotica. Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea" edito da Round Robin.
Dal 2011 vive sotto scorta.
Si occupa di giudiziaria, e soprattutto ama scavare la superficie della cronaca e realizzare inchieste.
Le relazioni tra mondo economico e organizzazioni mafiose, sono spesso al centro delle sue inchieste.
Ha conseguito la laurea in Criminologia nel 2008, con una tesi sulla “’ndrangheta transnazionale”. Appassionato di letteratura il suo interesse, per gli scrittori sud americani quali Josè Saramago in cima alla lista delle preferenze.
E’ uscito da pochi giorni il suo ultimo libro “La nostra guerra non è mai finita“ edito da Mondadori.

Premio Borsellino 2013 per la cultura a Giulio Cavalli, Attore

Dopo aver fondato a Lodi la compagnia "Bottega dei Mestieri Teatrali" produce lo spettacolo “(Re) Carlo (non) torna dalla battaglia di Poitiers", spettacolo sulla vicenda del G8 a Genova nel 2001 e sulla morte di Carlo Giuliani.
Del 2007 è "Bambini a dondolo", dramma sul turismo sessuale infantile.
Nel 2009 mette in scena il monologo "Do ut Des", spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi.
A causa delle minacce mafiose ricevute a seguito della messa in scena di quest’ultimo spettacolo, gli è stata assegnata una scorta.

Cavalli prosegue nella sua denuncia delle collusioni e infiltrazioni mafiose con RadioMafiopoli e altri spettacoli.
Nel 2011 in collaborazione con il regista Renato Sarti scrive e interpreta “L’innocenza di Giulio”, spettacolo sul processo al senatore Giulio Andreotti per i suoi rapporti con la mafia, spettacolo da cui nel 2012 è tratto il libro "L’innocenza di Giulio: Andreotti e la mafia".
Nell’agosto 2013 il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura racconta il progetto della ‘Ndrangheta per fare fuori Giulio Cavalli.

Premio Borsellino 2013 per la cultura a Salvo Palazzolo,
Giornalista de “La Repubblica” e scrittore

"Ti racconterò tutte le storie che potrò" è un volume, curato dal giornalista Salvo Palazzolo, che raccoglie le memorie di Agnese Borsellino, la vedova del magistrato Paolo Borsellino.

Salvo Palazzolo, dopo la laurea in Giurisprudenza ha iniziato l’attività giornalistica nel 1992, al quotidiano L’Ora di Palermo.

Ha poi collaborato con i quotidiani Il Manifesto, La Sicilia e Il Mediterraneo, occupandosi di cronaca giudiziaria.

Per quest’ultimo quotidiano ha seguito le vicende del caso Contrada: riguardo l’ex agente segreto del Sisde condannato per concorso esterno in associazione mafiosa ha poi realizzato nel 1995 con Claudio Cugusi, dell’Unione Sarda, e in collaborazione con Video On Line il primo sito internet italiano su un processo penale.
Dal 1999 è redattore del quotidiano La Repubblica, ha continuato a seguire l’evoluzione del fenomeno mafioso.
Nel 2004 ha intervistato il capomafia in carcere Pietro Aglieri, ha poi scoperto la trattativa segreta fra i boss e un gruppo di sacerdoti, che dopo le stragi Falcone e Borsellino avrebbe dovuto portare alla dissociazione di alcuni mafiosi da Cosa nostra.
Ha collaborato con la società di produzione Magnolia e con la RAI come coautore di programmi televisivi di inchiesta su Cosa nostra, curati da Claudio Canepari e trasmessi da Rai 3: "Scacco al re", "La cattura di Provenzano", "Doppio gioco", "Le talpe dell’antimafia"; "Le mani su Palermo".
Quest’ultimo programma nel 2009 ha ricevuto il premio della critica alla XV edizione del premio giornalistico televisivo "Ilaria Alpi".

Premio Borsellino 2013 per la legalità a Ciro Corona,
Associazione (R)Esistenza di Scampia

Classe 1980.
Attuale presidente di (R)ESISTENZA, Associazione di lotta alla illegalità e alla cultura camorristica che opera nel quartiere Scampia di Napoli. (R)ESISTENZA nasce il 21 marzo del 2008, giornata nazionale dell’impegno civile contro le mafie e anno della cosiddetta tregua della faida di Scampia.
Nella convinzione che gli irrecuperabili non esistono, l’azione della nostra associazione è rivolta soprattutto ai figli dei camorristi e degli affiliati e, sin dall’inizio ha percorso la duplice strada della cultura e del lavoro, uniche armi di riscatto secondo noi per i giovani di Scampia.

Premio Borsellino 2013 per la legalità a Padre Maurizio Patriciello,
Parroco di Caivano (NA)

Parroco di Caivano, comune dell’entroterra napoletana, è uno degli ultimi e ormai rari “Preti di strada”. Stimatissimo, coraggiosissimo e amabilissimo "Prete anticamorra", è amatissimo dai suoi parrocchiani e anche da tanti che non sono suoi parrocchiani e molti altri ancora che non sono neanche “parrocchiani” di altre Chiese o di altre religioni.

Don Patriciello è famosissimo per le sue lotte in prima linea (forse molto più in prima linea di quelle istituzioni ben retribuite con i soldi degli italiani che dovrebbero fare la stessa cosa, anzi molto di più) a favore dell’ambiente e contro i malaffari (inquantificabili nella realtà, ma senz’altro miliardari) della camorra che, con i rifiuti tossici, sta impregnando la Campania tutta a danno di ambiente e salute.

Premio Borsellino 2013 a Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia

È nato a Napoli, già sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli dal 16 settembre1982 si è occupato di criminalità organizzata di tipo mafioso e terroristico-eversivo, facendo parte, dapprima, della sezione "Estorsioni e sequestri di persona" e, quindi, fin dalla sua costituzione, della Direzione Distrettuale Antimafia.
Dall’11 gennaio 1993 al 26 agosto 2001 ha svolto le funzioni di sostituto procuratore nazionale antimafia presso la Direzione Nazionale Antimafia.

In seguito, dal 27 agosto 2011 è stato procuratore della Repubblica aggiunto in Napoli.
Dal 1 novembre 2005 al 15 aprile 2009 è stato coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Napoli.
In tale veste ha diretto le principali indagini nei confronti delle organizzazioni criminali operanti nella città di Napoli e nell’area casertana.
Vanno in particolare ricordati i procedimenti penali contro il gruppo stragista del "clan dei casalesi", che portarono alla completa disarticolazione dell’organizzazione criminosa, alla cattura e alla condanna di tutti i latitanti.
Dal 16 aprile 2009 è stato procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ed ha coordinato personalmente la Direzione Distrettuale Antimafia. Il 25 luglio 2013 il Consiglio Superiore della Magistratura lo ha nominato Procuratore nazionale antimafia.

martedì 1 ottobre 2013

Giorgio Napolitano - La traversata da Botteghe Oscure al Quirinale

Organizzata dalla Casa del Cultura "Carlo Levi" di Teramo il primo di ottobre 2013 si è svolta, nella Sala Consiliare del Comune di Teramo, la presentazione del libro di Paolo Franchi: "Giorgio Napolitano - La traversata da Botteghe Oscure al Quirinale".

Le riprese sono state effettuate da Vincenzo Cicconi (www.PacotVideo.it)


Sono intervenuti:
1 - Pasquale Limoncelli, Presidente della Casa della Cultura "Carlo Levi" ha presentato la manifestazione
2 - L'avvocato Tommaso Navarra ha ripercorso la biografia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano



3 - Il Prof. Roberto Ricci, Docente di Storia e Filosofia ha dettagliatamente ricostruito il percorso politico e storico di Giorgio Napolitano, dal PCI fino alla Presidenza della Repubblica, attraverso il ruolo avuto nelle Istituzioni Italiane ed Europee.


4 - Il sindaco Maurizio Brucchi che ha portato i saluti della città di Teramo
5 - Il Sen. Emanuele Macaluso ha ricordato il ruolo storico avuto dai partiti e dagli uomini politici della Prima Repubblica. Padri costituenti come De Gasperi, Togliatti, Fanfani, Moro, Berlinguer, Nenni, Terracini, Pertini, La Pira, che hanno scritto la Storia d'Italia garantendoci la Liberazione dal fascismo prima e la costruzione di un sistema democratico poi, attraverso la nostra Costituzione Repubblicana.



6 - L'editorialista del Corriere della Sera e scrittore Paolo Franchi, autore del libro ha ripercorso la biografia politica del Presidente della Repubblica dalle origini ad oggi. .



7 - Mirko De Berardinis ha chiesto a Macaluso e Franchi di farsi portavoce della cittadinanza affinchè il Presidente Napolitano venga a fare visita alla città di Teramo

mercoledì 25 settembre 2013

70° anniversario della battaglia di Bosco Martese


Il 25 settembre 2013 si è svolta in località Ceppo di Rocca Santa Maria (Teramo) la manifestazione per ricordare il 70° Anniversario della Battaglia di Bosco Martese e la prima Battaglia in campo aperto della Resistenza Italiana.

La manifestazione è stata integralmente videoripresa da Vincenzo Cicconi della PacotVideo.

Dopo la deposizione di una corona d'alloro ai Caduti Partigiani ai piedi del Monumento al Partigiano ci sono stati diversi interventi.



La manifestazione è stata presentata da Mirko DE BERARDINIS, Segretario Provinciale ANPI
Hanno portato i loro saluti:
Stefania GUERRIERI, Sindaco di Rocca S. Maria (TE)
Vincenzo ESPOSITO, Sindaco di Valle Castellana (TE)
Mauro MARTINO, Presidente Consiglio Provinciale Teramo
Sono intervenuti:
Roberto RICCI, Docente di Storia e Filosofia
Alberto DI DARIO, Segretario Provinciale CGIL Teramo
Antonio FRANCHI, Presidente Provinciale ANPI
Giovanni LEGNINI, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Rappresentanza del Governo


INTERVENTO DEL PROF. ROBERTO RICCI (dal 24° al 37°minuto

Ricorrono settanta anni dalla battaglia di Bosco Martese e quest’anno l’anniversario riveste un particolare significato: inizia un nostro settuagenario percorso della memoria che si concluderà per noi teramani il 14 giugno 2014 con la Liberazione di Teramo e poi come italiani il 25 aprile 2015 e il 2 giugno 2016.

I settanta anni di Bosco Martese hanno segnato diverse generazioni di teramani e vanno ormai considerati un patrimonio comune della città e della provincia di Teramo, una tradizione di libertà e di democrazia.

Sicuramente un momento essenziale della nostra stessa identità di teramani e italiani nel secondo Novecento


Anni che si allontanano nel tempo, ma sempre attuali per la lezione che ancora ci indica tra la memoria degli eventi con le fonti più diverse, la storia della ricezione e la narrazione di quegli eventi.

In effetti la battaglia di Bosco Martese contribuisce a caratterizzare la Resistenza italiana come un fenomeno nuovo, considerato ormai come un Secondo Risorgimento per gli interventi decisivi espressi a più riprese dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, specialmente in occasione del 150° dell’Unità d’Italia.

Dopo l’8 settembre 1943 a Bosco Martese si volle, con una decisione precisa, un forte concentramento di militari e civili che si oppose alla occupazione tedesca di Teramo.
I tedeschi, arrivati in città, decisero di reprimere questa presenza e con un battaglione motorizzato, il 25 settembre, cercarono di battere i partigiani; respinti, tornarono il giorno dopo, il 26, con nuovi rinforzi ma furono nuovamente sconfitti.

Fu il primo successo militare e politico della Resistenza italiana.

Qui si sacrificarono giovani vite umane contro l’oppressione nazi - fascista.
Qui furono uccisi il 25 settembre i teramani Luigi De Jacobis, Guido Belloni, Mario Lanciaprima, Gabriele Melozzi, Guido Palucci.
A Sella Ciarelli il 26 settembre furono fucilati i tre militari dell’arma dei Carabinieri e il sergente maggiore degli alpini catturati alla Stazione dei Carabinieri di Pascellata, Leonida Barducci di Ancona, Settimio Annecchini di Fossacesia (Chieti), Angelo Cianciosi di Furci (Chieti), Donato Renzi di Pascellata.

Furono questi morti a far entrare Teramo nella Storia della Resistenza e in quella della Italia Nuova con le parole di Libero Pierantozzi da Radio Bari nel novembre 1943, che ancora nel 1973 nel ricordo di quegli eventi stigmatizzava i nomi di alcuni protagonisti: Ammazalorso, i fratelli Rodomonte, il capitano Bianco, gli ex deportati jugolaslavi, De Nigris, Ciccillo Di Marco e altri ancora.

Per rappresaglia a Bosco Martese troverà poi la morte Mario Capuani il 27 settembre 1943.
A Montorio al Vomano, in uno scontro a fuoco con i repubblichini, il 13 dicembre 1943 fu ucciso Ercole Vincenzo Orsini.
Essi furono tra i principali organizzatori di quel concentramento e rappresentano l’esempio più fulgido del patriottismo teramano.
Un valore finalmente riconosciuto con la medaglia d’oro della Resistenza concessa dal Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi nel 2005.

Una lotta con origini lontane.
L’esilio e la morte di Romolo Di Giovanntonio (1941), Francesco Martella (1943), Renato Villermin (1944).
Il travaglio umano e civile dovuto alla guerra dei militari Renato Molinari e Alberto Pepe, morti a seguito della netta scelta di campo (1945).

La battaglia di Bosco Maltese fu soprattutto un “fenomeno forse unico in tutto il corso della Resistenza italiana, quello della emigrazione compatta della parte più attiva di un’intera popolazione in montagna”.
Ce lo ricordava Roberto Battaglianel suo libro “Storia della Resistenza italiana”.

Un chiaro e indubitabile riconoscimento militare e civile di questa esperienza di partecipazione attiva, specialmente dei giovani come Riccardo Cerulli, dei giovanissimi ragazzi della ragioneria, del liceo Classico Melchiorre Delfico organizzati da Vincenzo Massignani, dei militari, dei teramani, degli stranieri (slavi, inglesi, americani), della popolazione, dei parroci di montagna.

Ma la battaglia di Bosco Martese va inserita in un contesto più ampio.
L’Abruzzo è intensamente interessato alle vicende del 1943 - 1945:
la presenza del Re dopo la fuga da Roma verso Brindisi, di Mussolini a Campo Imperatore, la rivolta di Lanciano, i martiri aquilani, le stragi di Pietransieri e di Filetto, l’epopea della Brigata Majella, la battaglia di Ortona, i bombardamenti lungo la linea adriatica, Pescara, Giulianova, Tortoreto stazione, Teramo, l’Aquila, Chieti, Lanciano, Sulmona.

Bosco Martese entra così a pieno titolo nella storia della Resistenza italiana dopo Porta San Paolo, Cefalonia, le quattro giornate di Napoli.

Dopo settanta anni è giusto, è utile porci la domanda: ha ancora un senso una memoria che si perde con il tempo, con la scomparsa dei testimoni, il passare delle generazioni ?

E’ sufficiente riaffermare un dovere verso la memoria per renderla vitale e duratura?
Si tratta di lavorare sulla memoria, affinarne i caratteri, farne un lievito di buon pane nel tempo.
Soprattutto la memoria ha una valenza educativa per tutti, un valore straordinario specialmente per i giovani.
La memoria aiuta a scomporre e ricomporre l’identità, l’appartenenza, la cittadinanza.

In particolare ormai occorre un uso pubblico della storia e una sua cittadinanza a pieno titolo, una cittadinanza attiva.

Si tratta di sfidare il passato, con le doverose cautele, mediazioni, professionalità, farne uno strumento intelligente del nostro presente senza paure e senza infingimenti anche sul carattere di guerra civile che fu, senz’altro, la Resistenza.

Il segreto di Bosco Martese ?
Senza dubbio - “un atto di audacia“ perché avviò il superamento della lacerazione materiale e morale dell’8 settembre una ricomposizione delle coscienze in un nuovo senso dell’identità, dell’appartenenza, della cittadinanza.

Così l’idea di libertà e di avversione al nazifascismo ancora istintiva, ribellistica, giovanile dei tanti teramani, lo stesso ritrovato orgoglio cittadino e municipale, provinciale, diventò linfa vitale congiungendosi con un nuovo senso della Patria dei militari italiani dopo l’8 settembre dovuto alla autocoscienza della guerra perduta, un senso non soltanto italiano ma europeo e mondiale per la presenza di ex prigionieri.

Occorrerebbe ricostruire vita per vita dei combattenti di quella epica battaglia, in particolare la generazione del 1920 fino al 1926/7, per meglio intendere il significato dei 1600 teramani che vi parteciparono.
Ne scaturirebbe il travaglio esistenziale della guerra con la avversione al nazi-fascismo, la tensione morale, la socialità di quella esperienza, la maturazione, la connessione comunitaria ideale e civile prezioso lascito per la successiva Liberazione di Teramo e la costruzione dell’Italia del 2 giugno 1946, l’Italia della Repubblica e della Costituzione.

Questi caratteri permetterebbero anche, senza perdere mai di vista di combatteva per la libertà e chi per la tirannide, una analisi distaccata e più attenta sulle vite spezzate e poi ricomposte dopo l’8 settembre, specialmente utilizzando la cosiddetta “zona grigia”, come ci ha insegnato Primo Levi ne I sommersi e i salvati e quanti - e furono la maggioranza – non presero parte attiva agli avvenimenti ma ne furono comunque condizionati, influenzati e ne assimilarono la lezione.

Questo è il modo migliore per rispondere ai detrattori della Resistenza e del cosiddetto revisionismo storico : la Resistenza fu una lotta per una idea di libertà e di giustizia che poi si è arricchita, maturata, radicata se da essa è nata l’Italia democratica, plurale e antifascista.
E portiamo ancora e vivono con noi il lascito dei combattenti di allora, le sofferenze, le emozioni, la speranza di un mondo migliore nella pace, più libero e più giusto per tutti.

Una storia condivisa non può che avere questo carattere.
Non una storia dei vincitori sui vinti, ma una riscrittura umana dei sentimenti, delle emozioni, dell’etica della Resistenza rispetto a quella di Salò.

In generale della sofferenza degli italiani dopo l’8 settembre che diventa nazione con la stagione resistenziale e Stato Nuovo con la Repubblica.

Perciò è tempo di una mappa dei tempi e dei luoghi della memoria resistenziale nel nostro Abruzzo.
Un itinerario che parta da Bosco Martese con la data del 25 settembre come festa civile dei teramani e degli abruzzesi e faccia trovare una rinnovata unità e identità della provincia di Teramo e della Regione Abruzzo sul filo delle memoria partendo da quest’anno fino al 2016.

E come - soprattutto - tutto questo è stato il risultato di un intreccio fecondo di esperienze e culture diverse, di vissuto, sentimenti, partecipazione, presenza degli abruzzesi nell’esercito, nelle nostre città e nelle nostre campagne, nelle nostre montagne, con la tessitura di una nuova dimensione della memoria collettiva.

Ecco perché possiamo parlare della Resistenza come un fatto di popolo, ecco perché i valori di Patria e Nazione dopo l’8 settembre non rivestono più i caratteri della retorica ma una acquisizione convinta, una sedimentazione e una trasmissione nel tempo con un rapporto sempre vivo tra memoria personale, familiare e comunitaria.

Allora come possiamo far vivere ancora il clima dell’8 settembre, l’Italia alla deriva, la occupazione tedesca, la guerra in casa, i passaggi di fronte, il freddo, la paura, ma anche la voglia di riscatto, l’entusiasmo, l’orgoglio dei teramani e degli italiani?

La Resistenza ci ha lasciato questa ricchezza: una memoria aperta che permette ancora la narrazione perché appartiene ad ognuno di noi e alle nostre famiglie, alla nostra identità di teramani e di italiani.

La battaglia di Bosco Martese ci insegna che in alcuni momenti della nostra vita bisogna scegliere da che parte stare ascoltando la voce della coscienza e della ragione.
Ci insegna ancora una memoria aperta della nostra identità, appartenenza, cittadinanza che nessuno può spegnere e che la Resistenza ha saputo interpretare e trasmettere nei mesi bui dell’occupazione tedesca e poi, ancora, attraverso il ritorno alla democrazia con i Partiti e le organizzazioni democratiche nei mesi esaltanti della Repubblica, della Costituente,della Costituzione, della Ricostruzione.

Sono stati questi gli anni dell’Italia che hanno voluto quanti hanno combattuto qui e quanti, soprattutto, si sono sacrificati con la vita.

E’ questa l’Italia che amiamo e che vogliamo sia ancora.

lunedì 15 luglio 2013

Le singolari storie della Santa Patrona di Cesacastina

Un grazie dal profondo del cuore al caro Alessandro de Ruvo per le sue ineguagliabili foto dei paraggi dove gustiamo fra l'altro le Cento Fonti e a Concetta Zilli per le storie di montagna che mi racconta, affascinandomi! 

 
“Anche se parlo la lingua degli uomini e degli angeli e ho una fede da spostar le montagne, se non avrò Amore sarò nulla.” (San Paolo)


Arrivando a Cesacastina dalla località Colle, andando verso la montagna, s’incontrano i ruderi della chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena, una delle sette sorelle come usavano chiamarle gli anziani.

Le chiese, si credeva parlassero tra loro, comunicando con gli sguardi delle Madonne: quella di Cesacastina vedeva il tempio della madonna della Tibia di Crognaleto che, a sua volta, scorgeva la chiesa di Aielli e così via di seguito, toccando sette paesi vicini.


Purtroppo questa costruzione sacra quasi non esiste più.
 È crollato il tetto ma il perimetro è rimasto e si vede anche la finestra.

La storia è singolare ed intrigante: non inquadrabile in nessun periodo, la sua origine pare collegata ad un monastero che gli anziani raccontano si trovasse a metà montagna.

Il pastore Elia, oggi ancora vivente, crede di sapere dove siano i pochi ruderi.
Pare che all’interno del luogo sacro, vi fossero dei frati alchimisti, bravissimi a curare le più svariate malattie.
Fuori dal monastero doveva esserci un lebbrosario dove si curavano i crociati di ritorno dalla terra santa che poi venne chiuso intorno al 1500.

È ormai sicuro che in cima a queste montagne, oggi dimenticate o quasi, passasse la strada romana consiliare, che collegava l’allora capitale del mondo, alla terra degli infedeli musulmani.
Più a valle, accanto al fiume Vomano, c’era anche una piccola “via della seta”, calpestata nel corso dei secoli da mercanti, pellegrini, soldati, artisti e contadini.

Queste arterie di ampia comunicazione facevano viaggiare la geometria, l’astronomia, la conoscenza.
Sulla groppa di cavalli carichi di mercanzia viaggiavano anche le idee di civiltà in civiltà, di paese in paese.

Tornando ai frati, si racconta avessero in custodia la statua lignea di Maria Maddalena, santa più che chiacchierata all’interno del mondo cattolico.

I poveri religiosi morirono tutti insieme per colpa di una vipera, introdottasi nella damigiana del vino.
Immaginate un po’!

Tutti i frati avvelenati insieme da un povero serpente, affogato nel liquido.
Certamente non credibile, che dite?

La presenza ingombrante di una santa controversa, il passaggio per la Terra Santa, il presunto avvelenamento collettivo dei fraticelli, le sette sorelle, l’olmo secolare, tesori e ricchezze sepolti nei dintorni, hanno più volte indotto gli studiosi a credere alla presenza inquietante dei templari.

Non sarà che il Santo Gral, la misteriosa reliquia e’ tra i nostri monti?
Si spiegherebbe anche così la grande presenza di chiese in tutti questi paesini sperduti, sede strategica e luoghi di ristoro morale e spirituale per le truppe partecipanti alle prime Crociate, quelle promosse da Papa Urbano II di Cluny.
Già, le crociate!

Furono sì una coraggiosa difesa dei fratelli di fede, minacciati dall’espansionismo islamico, una sorta di pellegrinaggio armato, ma ebbero risvolti così cruenti, da perdere presto ogni significato religioso.
Un flusso incontenibile di penitenti, lento e maestoso, che si diresse verso Gerusalemme tra due ali di lance brandite da coloro che San Bernardo da Chiaravalle definì “Cavalieri di Dio”.

Qualcuno, molti anni fa pare abbia ritrovato un medaglione con impressa la croce ad otto punte, la Stella Mattutina tanto cara ai Templari che veniva stretta in mano durante le preghiere.
Sarà vero, sarà falso?

Credo che se riuscissimo a fare un passaparola potrebbe verosimilmente, accadere quello che si è registrato in Basilicata dove questa notizia tarocco ha incrementato in maniera esponenziale il turismo dei curiosi e dei credenti.

Tornando al monastero di Cesacastina, si racconta che dopo la morte dei frati, a distanza di tanti anni, fu ritrovata la statua lignea della Maddalena e si decise di portarla al paese, nella chiesa della Villa.

L’effige, misteriosamente spariva ogni volta dal tempio, per essere poi ritrovata all’interno del vecchio convento tra le balze rocciose.
Si costruì questa nuovo luogo sacro, più vicino alla montagna, con la finestra aperta proprio verso il vecchio monastero in modo tale che la statua potesse vederlo: da allora la leggenda racconta che la Maria Maddalena in legno è rimasta ancorata al suo posto!

L’Abruzzo è una regione dove ancora sopravvivono superstizioni, pratiche magiche, culto di reliquie, riti di stregoni e fattucchiere, cerimoniali e preghiere contro spiriti maligni.
C’è un racconto che mi ha impressionato.
Sotto le grondaie del tetto della chiesa, si seppellivano i bambini nati morti.
I piccoli sventurati non erano degni del cimitero perché non battezzati.

La pioggia che scendeva dalle tegole, avrebbe lavato il loro peccato originale.
Lì sotto e’ pieno di corpicini, tanti erano i decessi neonatali.

Proprio vicino al tempio, c’è l’acqua di Santa Maria Maddalena: un rivoletto fatto davvero di poche gocce che sgorga non si capisce bene da dove, e sia d’inverno che d’estate, è sempre ai minimi termini.

È consuetudine il 22 luglio, giorno dedicato alla Santa patrona di Cesacastina, andare a prendere e bere quest’acqua benedetta.

(Tratto da Il mio Ararat, Cassandra Edizioni)
Articolo di Sergio Scacchia per "Paesaggio Teramano"

domenica 14 luglio 2013

La pietra, regina del borgo di Frattoli

“Agli occhi dell’uomo tutte le sue vie sono rette, ma chi pesa i cuori è solo il Signore”. (Proverbi 21,2).


Intorno a Crognaleto, con la sua frazione principale, Nerito, insiste una miriade di minuscoli paesi, anche se i boschi stanno mangiando i rustici abbandonati e i sentieri antichi, inghiottendo parte dei segni della vita degli uomini.

Fra questi borghi c’è Frattoli a 1115 metri sul livello del mare, che conserva, oggi, più di una chiesa antica con stupendi altari lignei e con mura, dove sono ancora visibili delle belle iscrizioni del 1400, 1500, impresse anche su stipiti e portali.

Trovo stupenda San Giovanni Battista in stile gotico con il suo inaspettato portico seicentesco delle “logge”.
Il paese dipendeva da Amatrice, poi nel XVII secolo, entrò a far parte del Ducato di Atri della potente famiglia degli Acquaviva che, da queste parti trascorrevano giorni di vacanza.

Il borgo, dal quale si gode il panorama forse più bello del comprensorio, è stato a lungo un centro artigianale conosciuto nell’intaglio del legno e nella lavorazione della pietra.

Fu proprio a Frattoli che abili artigiani realizzarono la splendida statua della Madonna delle Grazie, venerata nel santuario francescano di Teramo, dove approdò alla fine di un grande pellegrinaggio attraverso Piano Roseto, Macchia Vomano e giù verso Montorio.

La Vergine, vestita di drappi pregiati come si conviene ad una regina, pare che, in groppa ad un mulo, se la vide brutta alle porte del capoluogo. La bestia affaticata, inciampò e rotolò pesantemente sul greto del fiume Tordino, proprio sotto la strada.
Urla disperate dei fedeli che credevano di trovare la statua in mille pezzi.

Ma la Madonna delle Grazie rimase illesa e si gridò al miracolo.

L’opera, che di certo conoscete bene, è fantastica!
La bellezza del volto espressivo, il capo reclinato verso il Bambino, le mani affusolate, danno l’idea della bravura degli artigiani montanari.

Ancora oggi Serafino Zilli, l’ultimo di una famiglia di scalpellini d’epoca, fa risuonare le vecchie contrade del battito del suo martello.
Gran parte delle chiese nella Laga teramana e molte antiche abitazioni sono state abbellite dall’estro e dall’arte di questi uomini dediti all’arenaria, azzurra all’origine, beige corrosa dalle intemperie e dal trascorrere del tempo.

Inventarsi la vita in queste valli profonde non è stata cosa facile sia per l’asprezza dei luoghi, che per gli inverni lunghi.

La storia da queste parti non è altro che il racconto a volte difficile da credersi, dei sacrifici e della tenacia con cui la gente ha vinto le difficoltà di un mondo avaro di risorse.

Il lavoro artigianale dei tanti uomini come gli Zilli, si confonde ad ogni passo con la storia umana e civile dei primi insediamenti, dello sfruttamento dei boschi e dell’arte di lavorare pietra e legno servendosi dell’ingegno dei valligiani.

I fratelli, giunti fin qui da Campotosto, diedero i natali anche a Amedeo che, padre di dodici figli quasi tutti maschi, ripopolò Frattoli di muratori e scalpellini.

Alto e grande di aspetto, sorta di armadio umano, incuteva timore a prima vista, ma era di una bontà infinita.

Ha lasciato varie testimonianze della sua abilità artistica, dalla torretta della chiesa di Padula, ai finestroni di Cesacastina o gli altari a Frattoli.
La pietra, vera regina di questi luoghi si riconosce ancora oggi tra gli scempi delle costruzioni moderne.

Si capisce la squadratura dei blocchi fatta a mano per stipiti di porte e finestre, s’intuisce facilmente che queste mura non temono nessun terremoto. In molti paesi, riattati i rustici e le antiche case, le vecchie comunità si ritrovano nelle brevi stagioni estive.

Cresciuto il benessere economico, è nato un nuovo atteggiamento nei confronti dell’ambiente.

I secolari sentieri tra boschi e costoni impervi, i valichi un tempo importanti vie di comunicazione, i percorsi lungo i torrenti tra spume e cascatelle, sono tornati ad animarsi non più attraversati da boscaioli e pastori, ma da camminatori che vogliono riscoprire la cultura montana.

Sono molti i paesi che meritano attenzione magari visitandoli a piedi : Cervaro con la bella chiesa di S.Andrea, Altovia e Aiello, con il tempio cinquecentesco dei santi Silvestro e Rocco e Tottea, villaggio costruito su di un enorme masso di arenaria dove si trova un Ecomuseo e un Centro di documentazione del Parco.

(Da Il mio Ararat, Cassandra Edizioni) 
Articolo di Sergio Scacchia per "Paesaggio Teramano"

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Riprese di Vincenzo Cicconi della Pacotvideo.
Il video ha una durata di circa 21 minuti ed è stato pubblicato su tre canali di video sharing gestiti dalla PacotVideo:
(YouTube - DailyMotion di Virgilio - Vimeo).

E' stato pubblicato su tre blog anch'essi gestiti da Vincenzo Cicconi della Pacotvideo:

- blog della Città di Teramo
- blog della PacotVideo
- blog di Pensieri Teramani

E' stato pubblicato sulle pagine Facebook:
1 - Produzione Video a Teramo (Abruzzo) - PacotVideo.it di Cicconi Vincenzo
2 - Il blog della città di Teramo e della sua Provincia
e sulle pagine di Google Plus
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - La Città di Teramo e la sua Provincia

Infine la pubblicazione del video è stato comunicato attraverso Twitter
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - Città di Teramo

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