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sabato 28 luglio 2012

"L’Ultima Ascensione" di Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti


Il terribile inverno del 1929.
Se vi capita di chiedere a qualche novantenne quale fu l’inverno più nevoso che si ricordi, certamente risponderà quello del 1928/29.

Non tanto per i mesi di Novembre e Dicembre del ’28, ma soprattutto per quelli di Gennaio e Febbraio e quasi tutto Marzo del ’29, tanto da venire chiamato "l’inverno del ’29".

«Correnti molto fredde provenienti dall’Europa nord orientale, con picchi di alta pressione in Scandinavia e Russia, continuano a defluire con persistenza non comune nell’area depressionaria dell’Europa occidentale».
Questa, in sintesi, la causa del grande freddo che per una quindicina di giorni attanagliò l’Italia centro settentrionale, e gran parte dell’Europa, nel febbraio del 1929

La drammaticità degli eventi fu clamorosa per il continuo imperversare di forti tempeste nevose per tutti e tre i mesi su tutta l’Europa.
In Italia la neve di febbraio fu incredibile; nei giorni che andarono dal 10 al 15 febbraio ne scesero metri e metri, non solo in montagna ma anche lungo le coste, specialmente le adriatiche.

Febbraio 1929 la tragedia.
L’eroico tentativo di due giovani alpinisti e la straordinaria avventura per la loro salvezza

Nel febbraio 1929 una grave tragedia colpì il piccolo mondo dell’alpinismo.

Due giovani soci della SUCAI di Roma (la sottosezione Universitaria del CAI), Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti, tentarono la prima salita invernale del Corno Piccolo lungo la cresta Sud-Sud-Est per la via Chiaraviglio - Berthelet.

Bloccati a poca distanza dalla cima, dal freddo intenso e dalle proibitive condizioni della neve, particolarmente abbondante quell’anno, si rifugiarono nel rifugio Garibaldi dove rimasero bloccati dalla tormenta senza l’adeguato equipaggiamento, al freddo, semi assiderati e senza viveri.

Dopo tre giorni di maltempo, durante i quali cadde un’enorme quantità di neve, ridotti allo stremo, i due tentarono una disperata discesa in direzione del paese di Pietracamela ma persero la vita per sfinimento e per assideramento.

Paolo Emilio Cichetti e Mario Cambi partivano da L’Aquila il 7 febbraio perfettamente equipaggiati ed abbondantemente provvisti di viveri, comunicando agli amici più intimi, con cui quel giorno si intrattennero, la loro intenzione di fermarsi per circa dieci giorni nel Gruppo del Gran Sasso per compiervi parecchie ascensioni.

La sera del 7 febbraio pernottarono in un alberghetto ad Assergi ed al mattino del giorno 8, lasciando inspiegabilmente gli sci ad Assergi, iniziarono la marcia verso il Passo della Portella.
Alcuni alpinisti, che si erano recati colà per assistere alla messa in suffragio della compianta Guida Giovanni Acitelli, li videro arrampicarsi per l’erta faticosa.

Infine essi scomparvero in lontananza.
Il tempo si mantenne incerto nei giorni 9 e 10 e divenne pessimo l’11 e seguenti.

Dall’8 al 12 febbraio del 1929 furono scritte di pugno di Cichetti le note drammatiche del medesimo e di Mario Cambi che precedettero la loro fine.
Il corpo di Paolo Emilio Cichetti fu rinvenuto il 18 febbraio a 3 chilometri da Pietracamela dalle squadre del soccorso guidate da Ernesto Sivitilli.

Le ricerche di Mario Cambi si spostarono in alto; il 21 febbraio il rifugio fu raggiunto dalla guida Luigi Paglialonga di Pietracamela, il 23 da un gruppo della SUCAI di Roma (Ninetta De Angelis, Canavesio, Giovanni Enriques ed Edoardo Amaldi).

Dal 9 marzo al 24 aprile si susseguirono nel registro del rifugio Garibaldi le firme del cap. Mulattieri, quelle frequenti del tenente Enrico Silvestri, campione militare olimpionico di sci, e dei numerosi alpini del 3° reggimento di stanza a Pietracamela.

La salma, già composta amorevolmente dal compagno, morto più tardi, fu ritrovata il 25 aprile presso la riva del Rio Arno in località Peschio Ricciuto.

Il diario scritto di pugno da Paolo Emilio Cichetti e trascritto all’epoca da Bernardino Catinaro, già maresciallo della milizia nazionale forestale.

8 febbraio 1929
Arriviamo al rifugio.
Lo troviamo completamente coperto dalla neve.
L’interno è in grandissimo disordine.

Manca la pala, cosa grave data la stagione.
Mancano molte stoviglie.
Manca l’ascia per spaccare la legna.
Al camino della cucina è stato tolto il cappuccio, ragione per cui si è riempito di neve e di ghiaccio e riesce penoso farlo funzionare.

Coloro che vengono d’estate ignorano probabilmente cosa sia l’inverno quassù e solo ammettendo questo sono scusabili del disordine in cui hanno lasciato il rifugio.
Ripetiamo come sia specialmente dannosa l’assenza della pala che ci impedisce di poter richiudere la porta, costringendoci così a dormire quasi all’aperto.

9 febbraio 1929
Siamo senza orologio.
Partiamo a giorno alto diretti al Corno Piccolo.

Giungiamo dopo circa due ore, attraverso varie difficoltà per le orribili condizioni di neve valangosa alla sella dei due Corni.
Attacchiamo immediatamente la cresta S.S.E. per la via Chiaraviglio – Berthelet.


Al tramonto giungiamo al cengione sotto la “ Mitria “.
Siamo costretti a tornare a causa della notte prossima e delle mani gelate.
Il freddo è stato di una intensità straordinaria.
L’esser costretti ad andar senza guanti fa gelare immediatamente le mani, le cui dita diventano in pochi secondi di un colore giallo.
La perdita di un sacco aggrava le nostre condizioni.
La via da noi seguita, che in estate è un’interessante arrampicata ma senza mai gravi difficoltà, è in questa stagione straordinariamente difficile e pericolosissima date le condizioni della neve.

Il freddo era tale che le mani si appiccicavano alla roccia e al ferro della piccozza a causa della loro umidità che gelava immediatamente al contatto.
Anche la saliva gelava subito al contatto della roccia.

Abbiamo percorso circa la metà della cresta e nella parte più difficile.
Se non fosse stato il pensiero che una notte passata all’aperto con questa temperatura sarebbe stata quasi certamente impossibile a superarsi, saremmo giunti in vetta.
Ritorniamo al rifugio dopo aver recuperato il sacco per il passo del Cannone e la Conca degli Invalidi.

Il percorso viene congiunto di notte.
Togliendoci le scarpe, troviamo i nostri piedi in una fodera di ghiaccio e ci accorgiamo di averne, ciascuno di noi, uno congelato.
Li massaggiamo immediatamente con neve e poi con alcool.
Si gonfiano prendendo l’aspetto di cotechini e sono perfettamente insensibili.

10 febbraio 1929
Stiamo smaltendo il congelamento.
I piedi non accennano di sgonfiare.
Anche una mano di Mario è nelle medesime condizioni.

11 febbraio 1929
 Idem come il giorno precedente, fuori nevica.

12 febbraio 1929
Ci svegliamo la mattina completamente sepolti.
La neve caduta durante la notte ha otturato il pertugio che ci serviva d’ingresso.

La mancanza della pala ci mette in serie difficoltà.
Siamo costretti a gettare la neve dentro il rifugio per chiudere la porta.
Siamo veramente dispiaciuti di questo, ma non possiamo fare altrimenti.

Coloro che verranno dopo di noi ci vorranno scusare.
Terminate le provviste ci rechiamo, o meglio speriamo, di raggiungere Pietracamela.

I piedi nelle medesime condizioni.
Tempo pessimo

Paolo Emilio Cichetti - Mario Cambi - Sez. CAI L’Aquila

Domenica 4 agosto 1929, con cerimonia originale e di carattere schiettamente alpinistico, la sezione di L’Aquila del Club Alpino Italiano, per eternare il ricordo dei suoi due soci tragicamente caduti sul Gran Sasso nell’inverno trascorso, battezzò con il nome di Mario Cambi il Torrione Centrale della cresta Orientale del Corno Grande, e col nome di Paolo Emilio Cichetti la Mitria della Cresta Sud - Sud - Est del Corno Piccolo.

Uno spettacolo teatrale liberamente tratto dal libro di Pasquale Iannetti “Febbraio 1929 L’ultima ascensione di Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti."

Commento della prof.ssa Carla Di Egidio.
Una produzione Pacot Video di Vincenzo Cicconi – Teramo.